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Spiritualità francescana




SPIRITUALITA' FRANCESCANA

Obbedienza - Minorità - Apostolato



Obbedienza



Introduzione: Il concetto e l'eperienza dell'O. in Francesco e Chiara provengono dal Vangelo e dalla sequela di Cristo.
Il rispetto e la sottomissione al Signore Gesù spiega l'ampiezza e la natura dell'O.


1. La sequela di Cristo: È il punto di partenza.
L'ascolto e l'osservanza del Vangelo e il desiderare sopra tutte le cose lo spirito del Signore sono alla base della loro esperienza evangelica e dell'O.
Francesco e Chiara sono stati dominati e vinti dal mistero dell'amore ineffabile del Dio creatore e salvatore, dall'attività e missione del Figlio diletto e dall'attività dello spirito Santo. Questa presenza salvatrice li ha sollecitati all'assenso e all'adorazione, al consenso e all'obbedienza, alla sequela di Gesù Cristo, compiere la sua volontà ed essergli graditi. Non essere che servi di Dio. Cristo si è impadronito di loro e li ha "sequestrati".


2. Vivere in obbedienza: esistenza in soggezione e sottomissione al Signore e a tutte le creature.
– Prima e maggiore O. è riconoscere il Dio altissimo e Signore, e obbedirgli direttamente e indirettamente.
Francesco obbedisce alla voce della visione di spoleto (FF. 587), a quella del Crocifisso di S. Damiano (FF. 591). O. di Francesco che è l'atteggiamento della creatura quando si scopre dono nelle mani di Dio Creatore.
«Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto Dio che ti "creò" e ti "fece a immagine" del suo diletto Figlio secondo il corpo, e a sua "similitudine" secondo lo spirito. E tutte le creature, che sono sotto il cielo, ciascuna secondo la natura, servono e conoscono e obbediscono al loro Creatore meglio di te» (Am. 153-4).
«Beato il servo che rende tutti i suoi beni al signore Iddio!» (Am. 168).
O. è riconoscere quali mani ci hanno fatto e di chi è il bene che possediamo; esempio-tipo di disobbedienza è Adamo; esempio-tipo di O. è Gesù Cristo. Per Francesco O. è caricarsi della croce come fece il Figlio.
– La pienezza e il potere del Signore si manifestano nella Chiesa.
«Frate Francesco e chiunque sarà a capo di questa religione, promette O. e riverenza al Signor papa innocenzo e ai suoi successori». E Francesco e Chiara vogliono che i loro fratelli e sorelle vivano «soggetti e sudditi ai piedi della medesima Chiara» e che «siano cattolici e vivano e parlino cattolicamente e considerino tutti i chierici e tutti i religiosi come padroni in quelle cose che riguardano la salvezza dell'anima e che non deviano dalla nostra religione, e rispettiamone l'ordine sacro, l'ufficio e il mistero» (FF. 51-52).
O. non solo alla Chiesa gerarchica, ma anche a «tutti quelli che vogliono servire il Signore Dio in seno alla santa Chiesa cattolica... nei confronti dei quali i frati minori non sono che servi inutili» (FF. 68).
La stessa O., Francesco raccomanda anche ai fedeli cristiani (FF. 1562).


3. Obbedienza a tutte le creature: (FF. 258)
– O. del corpo allo Spirito, quando l'uomo realmente ha rinunciato all'io egoista per acconsentire al dominio del Signore e del suo Spirito.
– O. a tutti gli uomini, tutti gli uomini sono per Francesco sacramento del Signore. Francesco scelse per sé e i suoi frati la sottomissione e l'O., per questo impose il nome di 'frati minori', scegliendo l'ultimo posto: «soggetti a ogni creatura per Dio», ripeterà citando 1Pt 2,13.
– O. agli animali e alle fiere, Francesco indica un altro spazio da aprire al potere del Signore. Relazione di fraternità con tutte le creature. Francesco non sa essere fratello senza essere minore e senza servire.


4. O. alla vita del Vangelo nella fraternità minore:
– La pienezza e la signoria di Cristo, la sua missione e l'azione dello Spirito Santo si manifestano nella Fraternità. Essa dunque esiste e si costituisce come ascolto-obbedienza al Vangelo.
– I frati, in forza dell'O. al Vangelo, sono soggetti e sudditi per il Vangelo tra di loro, nessuno escluso, nemmeno il superiore. Tutti dipendono da tutti, perché tutti sono responsabili, custodi e guardiani dei propri fratelli. È impensabile il potere o l'autorità tra di loro. Nessuno è autonomo, né sta per sé, né fa di propria volontà. Tutto dev'essere confrontato con la "vita del Vangelo".
– Unità e uguaglianza di tutti sotto il dominio di Cristo e del suo Vangelo >> fraternità = essere familiari tra loro:
- prima di essere frati sono fratelli, familiari tra loro,
- il ministero dei fratelli ha come finalità il servizio e
la comune utilità dei frati,
- O. nella fraternità per essere maggiormente fraternità,
anteponendo sempre a ogni altra norma il Vangelo: questa è O. alla fraternità.


I frati «sono obbligati ad avere sempre uno dei frati come ministro e servo generale di tutta la Fraternità». O. al ministro, che dev'essere frate minore che lava i piedi ai suoi fratelli. L'O. è relazione di carità, non è sottomissione, ma è dono di sé nella sequela di Cristo. Il servizio dell'O. è rendersi disponibili per essere inviati al mondo e nel mondo, predicando più con l'esempio che con le parole.
A Francesco interessa soprattutto che per mezzo dell'autorità e dell'O. si proclami che «solo Lui è Onnipotente», poiché solo una Fraternità di obbedienti è testimone della signoria del Signore.




Minorità



o "piccolezza" viene proposta da Matteo come valore senza il quale è impossibile entrare nel Regno (Mt 18,2-3). Ci sono vari piccoli:
quelli che non sono né hanno nulla, i poveri;
quelli che si fanno bambini, si umiliano e si abbassano, che pur potendo farsi grandi optano per la minorità per rispondere alla chiamata di Gesù, gli umili;
quelli che accolgono i bambini e i piccoli, cioè quelli che fanno della minorità un segno di servizio e di accoglienza: questa è la minorità scelta da Francesco >> fraternità = servi di Gesù.
Gesù, servo, è la radice teologica della M. Immagine di Dio umiliato nel farsi uomo (Fil 2,6-11), la Lavanda dei piedi (Gv 13,1-17), la disputa tra i discepoli per vedere chi è il maggiore e la proposta di Gesù: quello che serve è sempre il minore, ed «io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27).


Servi inutili
Francesco assimilò questo atteggiamento cristologico del servo come la forma più adeguata della sequela di Gesù, al punto che si mostra sempre come "piccolo e servo", "piccolo e disprezzato", "uomo vile e caduco", "il più piccolo tra i servi del Signore", "servo e suddito di quanti abitano nel mondo intero", etc.
Uso del termine 'servo' come segno d'identità che non comporta bassa stima di sé, ma relazione con Dio che essendo Maggiore si fece minore per noi.
Nella fraternità – ove tutti sono uguali – l'amore di servizio non abbassa nessuno alla condizione di minore, di servo. Francesco non usa il termine 'servo' per riferirsi alle relazioni interpersonali, ma 'fratello'. È la fraternità ad assumere la responsabilità del servizio alla società e alla Chiesa e non il singolo.
Servi di Dio, servi inutili non perché si fa male il lavoro, ma perché non siamo protagonisti di quel che facciamo: Dio è il protagonista. (Atteggiamento di umiltà e semplicità).
L'immagine di Gesù servo sofferente, che accetta la croce per amore degli uomini, sta alla base dell'atteggiamento evangelico di Francesco e della fraternità.
In accordo alla minorità:
il non sapere >> FF. 48
il non avere >> La Povertà evangelica. Francesco usa le cose con sobrietà dando ad esse una funzione sociale come esigenza di solidarietà sociale.
Seguire l'umiltà e la povertà di N.S. Gesù Cristo.
il non potere >> Servizio al Regno. un tipo di autorità consentita è il potere del servizio.


Minorità è espropriarsi non solo delle cose, ma anche dei valori che non ci liberano dal nostro "io".
Spesso dimentichiamo che Dio è il Bene totale dal quale procede ogni bene e che perciò dobbiamo riconoscere che tutti i beni sono suoi e a Lui dobbiamo restitutirli.
Uno può considerarsi veramente minore «se... FF. 161» perché l'importante è accettare con umiltà che la fonte del bene non siamo noi ma Dio.
Colui che ha compreso che cos'è minorità, «non si ritiene migliore, quando è esaltato e onorato dagli uomini, di quando è ritenuto vile e semplice e disprezzato; poiché quanto l'uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non più» (FF. 169).
La grandezza dell'uomo non sta nell'affermazione di sé, ma nel sapersi fondare in Dio; si realizza colui che sa restituire tutti i beni al signore.
La M. è un atteggiamento relazionale con Dio, i fratelli e gli altri uomini.


Servo di Dio: riflette la disponibilità totale di colui che si abbandona completamente alla volontà del Signore. Docile alle sue decisioni, le accoglie con fiducia perché sa che provengono dall'amore e sono il suo bene. Da ciò deriva che essere minori in relazione a Dio non vuol dire assumere un atteggiamento servile, frutto della paura, ma è rendere possibile realizzare il Regno di Dio nella storia degli uomini e convertirsi in umili suoi collaboratori.


Servi dei fratelli
Se il Regno è la concretizzazione dell'Amore salvifico di Dio per gli uomini, questo stesso amore dev'essere riprodotto tra noi e si manifesta nel servizio, prima nei confronti di coloro a noi vicini come i fratelli della fraternità.


Servire tutti per Dio
La disponibilità al servizio non si riduce all'ambito della fraternità. Ciò che è proprio del servo di Dio è di servire tutti: far sì che il Regno si attui e vada crescendo nel quotidiano camminare degli uomini.
Due sono i mezzi: il lavoro e l'apostolato.
– Nell'attività lavorativa si chiede di essere coerenti: il lavoro rifletta la vita evangelica.
– Apostolato ed evangelizzazione: annuncio della Parola.
"Tutti i frati devono predicare con le opere" (FF. 46).
L'apostolato, in forza del Battesimo, è un compito che spetta a tutti i battezzati, in Mt 28,19: "Andate e predicate a tutte le genti".
Il cristianesimo non dev'essere ridotto ad una personale ed egoistica ricerca della salvezza.
Francesco è chiamato a restaurare la Chiesa e lo fa da laico, dato che rivestirà soltanto gli Ordini Minori e il diaconato. Egli incomincia a predicare in piazza e nei luoghi di lavoro e in lingua volgare (rispetto alla predicazione che avveniva in latino e nelle chiese soltanto). Egli così facendo ristabilisce la comunicazione tra l'annuncio della fede e la vita reale. Ma è suo fermissimo precetto che i frati debbano predicare prima di tutto con la vita, cioè con l'esempio concreto e fattivo.
Il nostro apostolato deve perciò essere effettuato nei luoghi abituali della nostra presenza (casa - ufficio - scuola - negozio - etc.), sapendo sfruttare le occasioni che si presentano. È già apostolato la dedizione al proprio lavoro e ai propri cari, è apostolato la parola giusta detta al momento giusto con il tono giusto, etc.
Inoltre, dobbiamo ricordare che il nostro apostolato si svolge in una società ove le nostre convinzioni – per noi evidenti – non sono necessariamente tali per gli altri e quindi scontate, ma ancora da conquistare.
Attenzione, però, la coscienza è libera di fronte alla fede, quindi non imporre niente a nessuno, ma favorire il processo interiore di scoperta della fede.
Due aspetti ancora, fondamentali per Francesco, sono:
1) non predicare a proprio vantaggio, nel senso di non inorgoglirsi nel predicare;
2) attenersi alle direttive apostoliche della Chiesa e sottomettersi, pertanto, all'Autorità ecclesiale immediata – parroci e Vescovi – anche se limitassero la libertà (importante è salvaguardare la minorità).
La salvezza nella Chiesa spetta a Dio, a noi spetta servire senza alcuna pretesa.
FF. 730